In Sicilia ha guidato l’Acireale ed il Catania di Pulvirenti e Lo Monaco tra il 2002 ed il 2004. Maurizio Costantini si è anche seduto sulla panchina della Juve Stabia nel 2008 e 2009. Esperienze diverse ma comunque significative. La redazione di TuttoCalcioCatania.com ha avuto il piacere di contattare telefonicamente l’ex allenatore rossazzurro in vista della partitissima del girone C Catania-Juve Stabia.
Promozione in C1 e Serie B sfiorata con l’Acireale, poi l’approdo al Catania con un epilogo diverso mantenendo un legame comunque importante con la Sicilia.
“Al di là dei trascorsi professionali ho un grande ricordo della gente, mi sento ancora spesso con tanti amici. Seguo un pò tutto quello che succede con molta attenzione ed affetto. Sono stato in Sicilia per tre anni ed ho mantenuto rapporti importanti. La pressione ti coinvolge dal punto di vista lavorativo, devi cercare di ottenere risultati, di portare a termine gli obiettivi prefissati ma poi c’è tutta una vita, ci sono i legami con le persone. Io ho avuto la fortuna d’incontrare tanta gente che mi ha voluto bene ed a cui voglio bene. Qualcuno in società a Catania ha lavorato con me, per cui mi giungono notizie fresche da dentro anche se non posso conoscere realmente tutte le dinamiche. Ho lavorato con Lo Monaco, Marino, l’eterno Onorati che non voleva smettere di giocare ma fui io a dargli una nuova veste. Sai, smettere non è facile. Il giocatore pensa di essere eterno ma non è così. Io purtroppo per problemi fisici ho dovuto farlo molto presto. Parlando con Onorati poi ha capito, è stato bravo a crearsi una nuova carriera”.
Che idea si è fatto dell’attuale girone C di Serie C?
“L’ho seguito attentamente. In testa c’è la Juve Stabia, altra squadra che ho allenato. E’ un campionato che sembrava finito qualche settimana fa, invece il Trapani sta facendo qualcosa d’importante avvicinandosi alla vetta. Ne vedremo ancora delle belle. Il Catania ha cambiato guida tecnica, non è vicinissimo al primo posto ma c’è ancora uno spazio per eventualmente inserirsi se gli altri rallentano”.
Il Catania è tornato alla vittoria in trasferta, piegando la resistenza del Catanzaro. Segnale importante?
“Vincere a Catanzaro non è semplice. E’ un campo che mi porta fortuna perchè ho sempre raccolto delle buone soddisfazioni al ‘Ceravolo’ (ride, ndr). Con l’Acireale ho vinto un campionato tramite i Play Off, feci risultato anche col Catania. Non è facile fare bottino pieno lì con tanta gente che spinge in uno stadio importante. Il Catania è ripartito da Novellino che, sul piano dell’esperienza, non ha niente da invidiare a nessuno. Ho sentito parlare spesso di un Catania che non giocava benissimo con il precedente allenatore, quindi sicuramente qualche problema c’era”.
E domenica si giocherà Catania-Juve Stabia…
“Io ho visto giocare la Juve Stabia. Squadra molto quadrata, devi avere pazienza. Se pensi di batterla subito rischi di farti male perchè ha solidità. Ho anche visto il Catania con molti alti e bassi. Non bisogna avere fretta. La fretta porta a non avere equilibrio e lucidità. Nel lungo periodo il Catania ha più giocatori in grado di poter far girare la partita dalla propria parte. Chiaramente non sarà semplice. I campani ultimamente hanno accusato un lieve calo. A volte anche inconsciamente vedi che il risultato è vicino e questo ti potrebbe portare ad avere il braccino corto. La Juve Stabia è dotata di giovani interessanti, qualche giocatore importante e vanta una fisionomia molto ben definita con un’impronta marcata. Bravo Caserta in questo senso, dimostrando di avere idee chiare. Anche Polito è un altro ex della contesa che sta facendo bene ricoprendo il ruolo dirigenziale. Ho letto alcune polemiche con Caserta che avevo portato io stesso a Catania, so che si è lasciato male. Ci sono tante cose da mettere sul piatto in questa partita. Polito l’ho avuto anch’io, fa parte del gruppo che da Acireale è approdato a Catania. Dal punto di vista della qualità individuale il Catania ha qualcosa di più ma la gara si gioca anche collettivamente. Lì diventa fondamentale gestire la situazione e l’emotività”.
Che ricordi conserva dell’esperienza alla Juve Stabia?
“A Castellammare forse sono arrivato nel momento più difficile. C’era una società in via di consolidamento, in grandissima difficoltà. Ci siamo trovati ad affrontare una condizione ambientale abbastanza particolare, di conseguenza non è stato facile. Furono cambiati diversi allenatori quell’anno, io andai via e successivamente tornai. Situazione paradossale. Ambiente pesante, forse per alcuni aspetti più pesante di Catania chiaramente rapportato ad una città di 80mila abitanti rispetto ai 700mila di Catania senza contare l’entroterra. Sono realtà diverse ma con una grande passione e partecipazione. Poi il club si è sistemato, sono andati in B vivendo delle annate buone. Quest’anno all’inizio sembrava esserci qualche difficoltà ma con organizzazione e idee si sono ripresi. Il Catania pensavo potesse essere lì o, magari, più vicino. Purtroppo alcune problematiche in casa rossazzurra hanno portato a far sì che ci sia ancora da lavorare per sistemare il tutto. Anche perchè sappiamo le traversie degli ultimi 3-4 anni”.
Ritiene che il Catania abbia ancora un briciolo di speranza per centrare il primo posto?
“Fino a quando puoi sperare, punti alla mano, di potere arrivare a prenderli perchè non provarci? Le gare le devi giocare, fatica la devi fare, allora dentro di te deve scattare la convinzione di poterle vincere tutte. Senza presunzione ma con il rispetto degli avversari deve esserci questa mentalità per potere vincere i campionati. Altrimenti si penserà ad affrontare i Play Off nelle migliori condizioni possibili. Se vai a disputare i Play Off non è facile. Sale una squadra in più quest’anno ma si tratta di una percentuale irrisoria rispetto al numero di partecipanti. Non si sa mai, inoltre, se è un vantaggio o uno svantaggio chiudere il campionato al secondo posto perchè giochi meno partite ma devi riposare per 15-20 giorni e poi ti trovi ad affrontare formazioni più stanche ma anche più rodate e cariche. Qual è, allora, la condizione migliore? Non si sa mai, devi sapere gestire i Play Off. Sono gare complicate dove entrano in gioco l’emotività, l’episodio, l’arbitro, un tuo giocatore che fa una stupidata o si spera che la faccia qualcuno dall’altra parte. Ci sono molteplici variabili che non sono allenabili. Non puoi allenare gli arbitri, l’ambiente. Anche un ciuffo d’erba può fare la differenza”.
Facciamo un passo indietro. Stagione 2004-2005, allena il Catania ma l’esperienza dura pochi mesi. Quanto rammarico ha avuto?
“Un grande rammarico. Quell’anno io ero un tecnico giovane con tanta C alle spalle, si trattò della mia prima esperienza in B. La scelta societaria di portare a Catania giocatori con un grande passato sembrava la migliore per puntare a vincere subito il campionato, invece fu un’annata tribolata con qualche calciatore che non aveva più dentro quella rabbia e convinzione di potere vincere. Io andai via ed a gennaio ci fu una mezza rivoluzione. Lasciarono Catania parecchi elementi, ne arrivarono altri e la squadra fu rifondata. Se fossi arrivato a quel cambiamento, forse le cose sarebbero andate diversamente. Ma in quel momento la piazza si aspettava di vincere subito con giocatori che non avevano più grandi motivazioni. Penso ai vari Ferrante, Miceli, Fresi, Walem, Vugrinec… tutti di grande talento perchè facevano cose importanti ma gli mancava quella convinzione. Loro pensavano bastasse fare qualcosa per vincere. Allenarsi diventava complicato, non gli piaceva molto faticare, avevano grande esperienza e ogni tanto determinate cose non volevano farle. Il mio errore è stato quello di cercare d’impormi ma, così facendo, mi sono trovato a scontrami con loro. Dopo 15 anni posso permettermi di dire questo. Io avevo cercato sempre d’imporre la mia idea ma in quel caso mi trovai con giocatori che provenivano dalla A e non accettavano il fatto che la B fosse un torneo diverso. Con Pulvirenti e Lo Monaco eravamo assieme da due anni facendo grandi cose ad Acireale. Volevamo costruire, purtroppo mi sono scontrato con una realtà particolare. Poi, tornando giù un paio di volte, tanta gente di Catania ha capito il mio pensiero”.
Cosa dice il presente di Costantini?
“Sto lavorando presso un centro tecnico di formazione Inter in Veneto, uno dei 15 centri che l’Inter ha in tutta l’Italia, il nostro è uno dei principali con oltre 400 ragazzi che speriamo possano diventare prospetti da calcio professionistico nel corso degli anni. Abbiamo un grande giro di ragazzi che andiamo a prendere in un raggio di 50 km e facciamo selezione importate in ambito giovanile. Ogni anno diamo 5-6 calciatori a realtà professionistiche. Ho fatto un percorso diverso. Ho allenato fino a qualche anno fa. Subentrarono un pò di problemi, come mio padre che stava male e rimasi fermo per una stagione. Poi lui è venuto a mancare ma sono tornato a lavorare perchè il calcio è uno sfogo a tante cose. Al di là di tutto c’è la grande voglia di continuare ad imparare, io imparo tanto anche con i ragazzi. Spero di riuscire a trasmettergli quello che ho avuto la fortuna d’imparare io. L’ultimo anno ho allenato la Triestina con difficoltà enormi legate ad un discorso politico. Mi ero fatto coinvolgere dagli amici della politica ed ho avuto una sorta di rifiuto ad incastrarmi, per cui sono andato spesso in giro a livello di settore giovanile. Ho aperto anche un centro a Trieste che adesso va avanti con altre persone”.
Si ringrazia Maurizio Costantini per la gentile concessione dell’intervista.
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