Intervista a Davide Baiocco, doppio ex di Viterbese e Catania
Domenica pomeriggio si giocherà Viterbese-Catania e la nostra redazione ha contattato un doppio ex dell’incontro, Davide Baiocco. Indimenticabile bandiera rossazzurra, Baiocco si è mostrato come sempre gentile e disponibile nel rilasciarci un’intervista densa di significato e contenuti, mai banale che fa riflettere su molteplici aspetti.
L’ex centrocampista vuole fare una premessa iniziale:
“Io non seguo il calcio da un anno. Lo dico onestamente. Già per me è difficile giudicare da esterno certe situazioni che non conosco da vicino. Ci sono cose che non stanno nè in cielo nè in terra, vedi il caso Pro Piacenza con il 20-0 del Cuneo. Tutti si concentrano sulla vittoria del campionato. Nessuno si pone la domanda ‘dove sarò tra 5-10 anni?’. Io preferisco avere un’ottica di 5-10 anni per poi, magari, rimanere stabilmente in Serie A. L’importante è avere idee chiare”.
Davide, nel tuo passato c’è anche la Viterbese che allora apparteneva alla famiglia Gaucci. Che ricordo conservi di questa esperienza?
“Viterbo è stata una bella parentesi. Era l’inizio della mia attività, avevo fatto una prima apparizione in Serie A con il Perugia ma fu molto bello perchè vincemmo il torneo di C2 e sfiorammo la B attraverso i Play Off. Con Gaucci è stata un’esperienza formativa, mi ha fatto crescere tanto. In particolare Luciano è una persona che ti dà tanto ma pretende anche tanto. Non era sempre facile gestire il rapporto con lui ma l’importante è che da ogni esperienza ricavi il meglio. Non ho condiviso il modo d’interpretare alcune situazioni nei momenti difficili ma ti faceva anche stare bene quando tutto andava per il meglio. Forse a Gaucci mancava un pò di equilibrio, che serve sempre nella vita”.
Equilibrio, qualcosa che non è semplice mantenere soprattutto quando subentrano momenti di difficoltà…
“E’ la cosa più difficile mantenere un equilibrio al di là dei risultati. Questo realmente fa la differenza, nel calcio ed in tutti i campi. Io sto seguendo un percorso che mi arricchisce a livello professionale e personale. Ho capito che conta sempre la reazione equilibrata a quel che ti succede. Perchè nella vita ci sono aspetti che possiamo controllare, altri che non controlliamo. Meglio basarci su quello che possiamo controllare, diventando più bravi allo scopo di migliorare anche quello che non controlliamo”.
Cosa pensi della contestazione dei tifosi a Catania?
“In alcuni casi il tifoso posso capirlo, altre volte gli rivolgerei la seguente domanda: arrabbiarti e contestare può produrre un vantaggio alla squadra? Io devo sempre pensare a questo, al di là dei miei sentimenti ed umori. Capire se realmente voglio il bene del Catania. Contestare solo per appagare un sentimento di rabbia e delusione non è la strada giusta secondo me. L’arrabbiatura dopo stagioni difficili ci può stare, ma io mi devo chiedere come fare affinchè la squadra tiri fuori il meglio di se stessa”.
Ti aspetti che i tifosi siano più vicini alla squadra?
“Io non mi devo fare bello per dire questo, la gente lo sa. Catania ha un’arma in più ma può anche rivoltarsi contro. Il tifoso rossazzurro rappresenta un valore aggiunto incredibile, ma se le cose non vanno nella maniera giusta e l’ambiente è depresso, può diventare negativo. Bisogna fare chiarezza in generale. Intendo chiarezza societaria sugli obiettivi da raggiungere, su come superare determinati momenti. Forse si erano create delle aspettative sbagliate, ad esempio lo sviluppo di un gioco spumeggiante ma la realtà era un’altra. Allora il tifoso capirebbe un pò meglio. In base alle aspettative tutti ci facciamo un’idea. Se l’aspettativa è la promozione, bisogna anche tenere in conto l’ipotesi Play Off. Se io invece voglio andare in B dominando il campionato è normale che uno può essere anche arrabbiato. Fino a che l’obiettivo è raggiungibile io cerco di dare il massimo fino alla fine, non mi rassegno. Eventualmente arriviamo ai Play Off con la migliore condizione possibile. Se mi opprimo, spreco tale possibilità”.
Il Catania sostiene di puntare al primo posto, lo vedi realisticamente possibile?
“L’essere umano può fare cose straordinarie. Ma devono esserci le basi, ci si deve credere fino alla fine. Fidatevi – di questo ne sono sicuro al 100% e nessuno mi può smentire – l’ambiente determina i risultati, chi noi siamo e chi diventiamo. In un ambiente di polemiche e negatività riuscire a dare il massimo è difficile. Se adesso il Catania è terzo, è un dato di fatto e mica possiamo tornare indietro. Focalizziamoci allora su cosa migliorare, deprimersi non aiuta”.
Sottil è una figura autorevole per gestire le pressioni della piazza?
“E’ una persona molto importante all’interno del gruppo ma ci sono anche 25 persone. Qualcuno può reagire bene alle pressioni, vedi Biagianti o Lodi. E gli altri? Ci sono tanti soggetti che lavorano tutti i giorni per dare il massimo. In un ambiente opprimente è difficile tirare fuori il meglio. Ma il discorso vale in ogni ambito lavorativo. Se ad un dipendente non dici mai di essere bravo, non lo ringrazi, non gli dai una pacca sulla spalla, lo critichi sempre, secondo te è un bene lavorare in queste condizioni?”.
Sono i giocatori che dovrebbero fare in modo di riportare i tifosi dalla loro parte?
“Una via di mezzo. Serve tanta umiltà da parte di tutti. Chi in questo momento sta meglio dovrebbe fare il passo verso chi è messo peggio. Se io sono in difficoltà fatico a venirne fuori. Allora un compagno, il pubblico o un dirigente potrebbero aiutarmi. Ripeto ci vuole dialogo, chiarezza, la comunicazione è importante. Si deve fare sempre un passo verso chi è maggiormente in difficoltà. Non devo pensare sempre alla malafede. Ma purtroppo è un malcostume tutto italiano questo. Si pensa al negativo. Se ogni tanto guardiamo avanti positivamente, qualcosa di produttivo e costruttivo si può fare. In Italia c’è troppo allarmismo, drammaticità. L’esaltazione va bene in un contesto positivo di crescita, ma serve equilibrio anche in questo caso. Quando le cose vanno male si analizzano, ripartendo con l’atteggiamento giusto. Meno mi concentro sulla negatività, meglio è. Anche per questo io mi sono allontanato dal calcio, per la mentalità insita nel nostro Paese”.
E’ un calcio che trovi nettamente peggiorato rispetto ai tuoi tempi?
“Sicuramente. I problemi economici si ripercuotono anche nel calcio, allora tu devi dimostrarti imprenditore interpretando il calcio come azienda. Io ho sempre detto che l’intero sistema va riformato. Le società di calcio devono partire dalle fondamenta, dal capitale a disposizione, dalla fonte di sostentamento. Prima devi avere fondamenta solide, all’interno delle quali ricerchi il risultato sportivo. Serve una gestione imprenditoriale all’altezza tenendo d’occhio il bilancio, questa è la base. Non voglio essere complice di un sistema che accetta qualcosa che non mi piace. Fortunatamente ho trovato qualcos’altro che mi appaga tantissimo, aiuto le persone a 360 gradi. Nel percorso di crescita ho rivalutato gli ultimi sei anni della mia attività calcistica che non sono stati il massimo. Io sarò sempre grato al mondo del calcio ma ho fatto chiarezza, capendo di essere nato per uno scopo più profondo. Ho ritrovato il mio equilibrio adesso. Tanto miglioro come persona, tanto migliorerò la mia qualità di vivere e la gestione dei rapporti interpersonali. Noi siamo la versione migliore di noi stessi solo quando decidiamo di migliorare la nostra crescita individuale”.
Si ringrazia Davide Baiocco per la gentile concessione dell’intervista.
***CLICCA QUI per mettere MI PIACE alla nostra pagina Facebook***