PIZZUL: “Tutto sulla mia esperienza vissuta a Catania, fu la mia prima volta in Sicilia…”

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Bruno Pizzul

Interessante intervista rilasciata da Bruno Pizzul ai tempi in cui militava tra le fila del Catania attraverso le pagine di Repubblica:

“Avevo vent’anni e giocavo con la Pro Gorizia. Un mattino si presentarono gli osservatori del Catania: gli serviva un difensore. Convocarono me e Tarcisio Burgnich per un provino. Scelsero me. Burgnich finì all’Udinese. Dopo qualche settimana presi il primo treno per la Sicilia. Catania è una città straordinaria, posizionata in una delle zone più belle del mediterraneo: con l’Etna alle spalle e il mare davanti. A quei tempi veniva chiamata la Milano del sud: vivace e sempre piena di iniziative. Ma il mio primissimo approccio con la “sicilianità” avvenne sul traghetto e fu una delusione. Non ero mai stato in Sicilia prima di giocare nel Catania e sul traghetto, che collega Villa San Giovanni a Messina, mi fermai al bar per comprare un’arancina convinto che fosse un dolce, tipo un bombolone e invece al primo morso ci rimasi malissimo. Erano dei sapori troppo diversi dai miei”.

“Per quanti anni indossai la maglia rossoazzurra? Due anni, dal ‘58 al ‘60 sotto la guida del mister Carmelo Di Bella. Poi, nel ‘61, fui prestato all’Ischia che giocava in serie C. In realtà mi mandarono a Ischia per fare i fanghi perché, come tutti i calciatori, avevo problemi alle ginocchia. Dopo un anno tornai al Catania per finire la carriera, l’anno dopo, nel Gorizia. La reazione dei miei genitori quando andai in Sicilia? Mia mamma non voleva, si mise a piangere. Mio padre mi disse: ‘vai, così ti togli dalle sottane di tua madre che altrimenti non ti farà crescere’. Mi spingeva a partire perché il Catania mi dava vitto e alloggio e un piccolo stipendio. Guadagnavo intorno alle 300 mila lire al mese. Non ti arricchivi ma si poteva sopravvivere dignitosamente. E poi il compenso cambiava in base all’anzianità e a quante volte giocavi. Io spesso ero in panchina”.

“Se ho marcato Sivori? Sì, era un’amichevole Catania-Juventus. Dovevo marcare John Charles ma il mister mi spostò per raddoppiare la marcatura su Sìvori insieme a Benito Boldi, anche lui friulano. Fu una bella partita con un Cibali strapieno. Eravamo in tanti dal Friuli nel Catania. E ricordo ancora Candido Cannavò, giovane cronista siciliano che, quando entrava nello spogliatoio e ci sentiva parlare con il nostro idioma, incomprensibile, ci diceva: ‘Minchia, siamo stati invasi da tutti: punici, cartaginesi, romani, greci e adesso ci sono anche questi barbari che parlano con questo linguaggio incomprensibile’. Era sempre divertente. Studiavo legge. Le trasferte al nord erano lunghissime così preparavo gli esami sul treno. Bisognava soltanto avere la voglia e la costanza. E spesso si trovava anche il tempo per fare un tuffo al mare. Andavo a Capo Mulini. Una volta assieme a due compagni di squadra, Morelli e Michelotti, ci fregarono i portafogli in macchina. Dopo qualche ora restituirono tutto alla sede del Catania con tanto di scuse”.

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