Si sentono sempre più spesso allenatori ed addetti ai lavori parlare di personalità in merito alle prestazioni delle squadre di calcio, ma cosa intendono esattamente? Parlare di un fenomeno psicologico che coinvolge tante sfere mentali, fisiche ed emotive merita di essere trattato con profondità magari ricorrendo a sistemi che si occupano di questi aspetti e fenomeni umani.
Allora, una definizione di personalità:
“Può voler dire non aver paura di ricevere la palla e impostare il gioco, se sei un vincente vuoi sempre la palla al piede anche se ti marcano stretto, e quando ti marcano stretto è molto dura tenere la palla…” (Anonimo veneziano)
Beh, qualcuno parla di personalità come del coraggio agonistico, la cattiveria che viene messa in campo nel fare percepire all’avversario la propria determinazione nel voler la vittoria esprimendo in pieno la potenzialità accumulata durante la settimana di preparazione al match.
Ancora la personalità è tutto ciò che ho imparato nella carriera, l’esperienza diretta, sperimentando se stesso, vivendo un gruppo di lavoro, le indicazioni dei vari mister, i modelli di riferimento, quindi una serie fitta di sovrastrutture capaci di modellare la persona ma, tutto sommato, sono elementi che appartengono ad un percorso piuttosto che essere intrinseche alla propria natura, che viene chiamata essenza individuale.
L’essenza è tutto ciò con cui nasciamo, dalle predisposizioni alle caratteristiche fisiche, alla forma dell’apparato psichico, alla naturalezza del gesto, la vera base su cui costruire una individualità in sintonia con la personalità che parallelamente e necessariamente si sviluppano assieme, raramente in armonia.
L’essenza con il tempo viene sotterrata dalla personalità e di lei ne restano solo barlumi sporadici in condizioni particolari. Per gli atleti scorgere queste differenze è da un lato semplice grazie ai gesti propri del loro atletismo specifico da un lato, dall’altro difficilmente vengono a contatto con un sapere del genere, che non è proprio ordinario.
Anche il team si può leggere secondo questo schema, ci sono caratteristiche innate essenziali ed altre di personalità con la complessità ovvia dovuta alla compresenza di tanti individui, spesso dotati di carattere forte e di un ambiente che sta con il fiato addosso su di loro.
Dove sta il deficit del Catania in trasferta?
Qualcuno lo addebita alla supponenza, ritenere di essere migliori per blasone e cifra tecnica. Questo deficit di umiltà, adombrato da alcuni componenti della rosa, ha comportato almeno tre/quattro figuracce roboanti in questo campionato. Potrebbe essere che la latitanza di un gioco consolidato ed organizzato non permette agli interpreti di liberare a dovere il proprio potenziale e non sempre le entrate dure portano bene, più che altro cartellini gialli e rossi.
La seconda ipotesi è più verosimile, non so bene cosa devo fare se gli altri mi asfissiano con le marcature ossessive, butto la palla indietro fino al portiere se sono obnubilato. La gestione delle partite è un altro nodo focale della presenza di una personalità, e ritorniamo a quello che ognuno dei ragazzi deve fare e il senso di spaesamento di fronte al pressing avversario che i nostri sembrano patire. Eppure abbiamo in squadra calciatori dotati, ma come mai così spesso perdiamo palla e ci affidiamo comunque alle iniziative individuali, alla giocata, mentre anche la Vibonese ha sciorinato una quadratura rispettabile per una squadra ripescata e composta in fretta e furia?
La guida tecnica, allora, quanto tempo necessita per strutturare una personalità vincente e capace di imporre un gioco corale? Qualcuno domenica allo stadio si é espresso così: “Meglio Pancaro, almeno due cose in croce sapevano farle in campo!”.
Non credo si tratti di dito puntato. Forse poco coraggio in panchina, mister Rigoli!