Il centrocampista e capitano del Catania Marco Biagianti rilascia una lunga ed interessante intervista soffermandosi sull’addio ai rossoazzurri ed il ritorno ai piedi dell’Etna, oltre che su alcuni compagni di squadra, il rapporto con Lo Monaco, la penalizzazione in classifica e altro ancora.
“Il calcio è bellissimo ma non dà mai a nessuno la possibilità di fermare l’attimo, non dà garanzie e non importa quel che è stato in precedenza: cambia tutto in un momento – racconta il centrocampista ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – A volte fa male il cambiamento, specialmente quando non lo desideri. Bisogna però avere sempre la forza di non lasciarsi andare al rimpianto, non serve. Finché giochi, finché puoi riscrivere la tua storia, devi avere fiducia e devi trasmetterla agli altri, credendo in un futuro migliore. Più sei positivo, più la sorte ti ricompensa: io ho avuto una grande ricompensa, sono nuovamente un calciatore del Catania”.
“Ho pensato tante volte che quello non potesse essere un addio. E i messaggi di molti tifosi del Catania mi hanno spinto a farlo ulteriormente: a volte sorridevo pensando che doveva esserci un disegno del destino. Come se ognuno di quei messaggi significasse: ‘non dimentichiamoci e non poniamo limiti alla potenza del calcio, chissà se un giorno ci ritroveremo’ – ha proseguito il classe ’84 – Sono arrivato la prima volta qui a 23 anni, adesso ne ho 32. In questo periodo ho vissuto esperienze umane fondamentali: ho sposato Martina, una donna meravigliosa, e da nove mesi sono papà di Mattia, il nostro bimbo nato proprio a Catania, che ha dato una ragione ancor più profonda alla mia vita ed alle mie conquiste, tutte per lui in primo luogo e per le persone che amo”.
“La notizia del ritorno del direttore ha acceso come un incendio quella piccola fiammella di speranza che avevo: con il cuore in mano, ho preso coraggio e gli ho mandato un messaggio. ‘Se ci fosse la possibilità tornerei volentieri!’. – svela ancora il centrocampista – A Pietro Lo Monaco sono legato perché ha sempre creduto in me, mi ha scoperto quand’ero in C2, ha guidato la mia crescita, ha fatto sì che potessi giocare a lungo in Serie A. Mi conosce e mi stima, ne sono fiero. Di lui non devi soltanto fidarti ma a lui devi affidarti. E ti ripagherà, sempre, perché ha cuore, intelligenza e capacità professionali delle quali non tocca a me parlare, sono evidenti e provate dalla sua storia e dalla considerazione di cui gode in Italia ed all’estero”.
“Il lungomare di Acitrezza? E’ un luogo magico, un angolo d’evasione per tutti i catanesi di nascita e d’adozione. Poi c’è la scogliera, che mi permette di isolarmi quando ho la necessità di farlo. Giocatori attuali accostati con altri del passato? Di Grazia a tratti è sgusciante come il Papu Gomez, ha la fantasia di Peppe Mascara e la passione di Orazio Russo. Ma è Di Grazia, un ragazzo di 20 anni che sta crescendo e che sarà Di Grazia, non il nuovo Tizio o il nuovo Caio. La storia di Drausio, invece, mi ricorda un po’ quella di Silvestre: viene da un altro calcio, da un altro continente, ma a lungo andare affiorano tutte le qualità. Dico però che ognuno dei ragazzi di questa rosa, guidata da Pino Rigoli, professionista attento, preparato ed entusiasta, può ottenere enormi soddisfazioni. Questa piazza propizia l’esplosione del talento, così in campo come in panchina. E’ successo anche con Walter Zenga e Sinisa Mihajlovic, con i quali ogni tanto scambio ancora qualche messaggio”.
“Il mio sogno più importante è continuare a sognare. In cima alla lista c’è sempre il sogno Serie A, ma adesso siamo in Lega Pro e ci sono tanti traguardi intermedi da tagliare. Certamente non ci nascondiamo, l’obiettivo sono i playoff, con la miglior posizione possibile in campionato. Dopo la vittoria col Catanzaro ho scritto sui social: ‘Credo che quando hai vissuto tanto tempo in un posto, tu sei quel posto!’. Ne sono super convinto e mi rivedo in questa frase di Rocky. La penalizzazione? E’ stata il nostro Ivan Drago: sembrava un ostacolo insormontabile, è andata al tappeto”.