Un turno di squalifica per avere pronunciato espressioni blasfeme. Così Andrea Russotto sarà costretto a saltare la prossima gara di campionato contro la Paganese dopo avere scaldato la panchina domenica scorsa al cospetto del Lecce.
I primi casi nella storia del calcio italiano risalgono al 2010. In Serie A Domenico Di Chievo, allora allenatore del Chievo, venne pizzicato dagli uomini della Procura federale presenti al “Bentegodi”.
In serie B, invece, per la prima volta scese in campo la prova tv. Il labiale incriminato è stato quello di Giuseppe Scurto della Triestina, perché il giocatore «dolorante al suolo dopo avere subìto un fallo, proferiva un’espressione blasfema». Sempre per blasfemia squalificato Vincenzo Sicignano del Frosinone. Ma in questo caso non c’è stato bisogno della prova televisiva: a sentirlo è stato un collaboratore della Procura federale.
La prova tv salvò il clivense Michele Marcolini, che aveva lanciato un moccolo uscendo dal campo dopo essere stato espulso. Nel comunicato si leggeva che il giocatore «uscendo dal terreno di giuoco in conseguenza dell’espulsione inflittagli dall’arbitro pochi minuti prima, proferiva apparentemente un’espressione gergale, in uso nel Triveneto ed in Lombardia, con becero riferimento a “Diaz” e non a Dio». Per il giocatore del Chievo, dunque, nessuna sanzione. A Di Carlo e ai quattro giocatori beccati, invece, va un turno di stop, secondo quanto stabiliscono le nuove norme entrate in vigore venerdì scorso.
Un paio di squalifiche per blasfemia anche in Lega Pro. Il tecnico del Potenza Ezio Capuano e l’allora calciatore della Paganese Armando Pantanelli. Per quanto riguarda Capuano, nel comunicato emesso dal giudice sportivo Marino si lesse che «per l’intero arco della gara inveiva verso i tesserati della squadra avversaria (Virtus Lanciano) e protestava per le decisioni arbitrali, reiterando espressioni blasfeme (su rapporto della Procura Federale)».
A distanza di anni i casi aumentano nel calcio italiano.
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