Indossare la fascia di capitano è sempre una grande responsabilità. Specie se questo si verifica in una piazza calda e passionale come quella di Catania. Il capitano viene visto come un elemento dotato di caratteristiche e doti particolarissime all’interno della squadra, un vero e proprio punto di riferimento per i compagni.
Al termine della stagione recentemente trascorsa, in quattro nel corso del campionato di Lega Pro hanno avuto l’onore di indossarla. Si è trattato di Tino Parisi, Giuseppe Russo, Dario Bergamelli e Caetano Calil. Tutti giocatori con una storia diversa. Nel primo caso ci riferiamo ad un giovane ragazzo siciliano classe 1995 cresciuto nelle giovanili del Catania e che proprio in rossoazzurro è stato tra i pochi a ritagliarsi uno spazio utile.
Per Russo, invece, il fatto che sia nativo di Catania è sufficiente per capire quanto sia stato rilevante e speciale rappresentare da capitano la squadra. Nel complesso, però, sono state poche le partite disputate e quando ha lasciato l’Elefante a gennaio in prestito destinazione Messina, lo fece non senza polemiche.
Bergamelli si è rivelato probabilmente il calciatore più costante nel corso della stagione scorsa. Sicuramente un perno autentico della retroguardia. Calil, infine, molto più frequentemente ha indossato la fascia ma ha vissuto un campionato double-face: entusiasmante nella prima parte, deludente nella seconda.
L’anno prossimo, in caso di permanenza, toccherà ancora a lui fungere da capitano? Chissà. L’importante è che, chiunque indossi la fascia, sappia quale sia il peso della responsabilità di rappresentare i colori rossoazzurri e dimostri di meritarla fino in fondo. Perchè essere capitano del Catania assume un significato profondo. Vuol dire identificarsi al tempo stesso con città, squadra e tifosi. Essere l’emblema di un popolo fiero ed orgoglioso.