Adrian Ricchiuti, attraverso una lunga intervista rilasciata al sito gianlucadimarzio.com, ricorda l’esperienza vissuta a Catania con Diego Simeone ed il suo staff.
“Sono stati sei/sette mesi incredibili. Abbiamo lavorato con un grande professionista, un grande uomo. Non lasciava nulla al caso. A livello umano è stato spettacolare, non mi sarei mai aspettato che un campione del suo calibro e della sua storia fosse così semplice. Ricordo il primo giorno, quando si rivolse a me in italiano. Io gli dissi ‘mister, sono argentino come lei’ e lui si scusò subito. Non mi conosceva. Chi non s’impegnava in allenamento rischiava di non giocare. Ma per davvero eh! Riusciva sempre a tirarti fuori il 110%. Ci caricava come delle molle, eri disposto a buttarti nel fuoco per lui”.
“Incazzato? Praticamente tutti i giorni! L’ho visto litigare, spronare, urlare. E’ normale per uno come lui, uno che sente la partita in quel modo. La squadra lo doveva seguire. Quel Catania aveva una rosa praticamente tutta argentina. Simeone parlava molto con noi, si sentiva quasi a casa. Spesso diceva ‘mi scusino gli italiani’ perché gli veniva più facile esprimersi in spagnolo. Trasmetteva al meglio tutte le sue idee. Una volta – tra infortuni e squalifiche – abbiamo giocato con 11 argentini titolari”.
“Nei momenti di relax ci raccontava aneddoti della sua carriera, ai tempi di Lazio e Inter. Restavo incantato ad ascoltare, a bocca aperta. Quei momenti mi resteranno nel cuore per sempre. Poi non importava chi fossi, che nome avessi sulla maglietta: trattava tutti allo stesso modo. Ricordo che dopo un Juve-Catania 2-2 ci sedemmo vicini vicini per discutere della partita in modo molto diretto. Sembrava ci conoscessimo da 20 anni. Somiglianze con Mihajlovic? Li ho avuti entrambi. In quanto a grinta li metterei sullo stesso piano. Era meglio non starci troppo vicino! Ho visto palloni volare a destra, a sinistra. Il Catania di quegli anni doveva essere gestito in quel modo, sennò sai che dolori…”.