Con riferimento all’articolo pubblicato oggi sul quotidiano “La Sicilia”, a pagina 18, intitolato “Il Catania sta zitto – Un segno di resa in campo e fuori”, il Calcio Catania puntualizza quanto segue:
Le dichiarazioni del Collaboratore Area Tecnica Fabrizio Ferrigno non sono certamente “il segno della resa” né “la dichiarazione di una impotenza a reagire”. All’opposto, la vibrante reazione esprime inequivocabilmente la volontà di non accettare passivamente l’interminabile sequenza di pesanti colpi riservati in questi mesi, senza soluzione di continuità, alla società ed alla squadra. Abbiamo il dovere di tutelare il Calcio Catania da questi colpi, provenienti da chi non ama il Catania o ne auspica la fine. Non intendiamo addentrarci nei soggettivi meandri dei punti di vista relativi alla “poesia” ed alle legittime ma parziali analisi di un sentimento popolare che, per definizione, è espresso dal popolo e non dalla società, né dal singolo giornalista. Non condividiamo l’affermazione “arriva il tempo in cui non servono le analisi”: l’analisi quotidiana del lavoro svolto è, per noi, obbligatoria. Il Catania non ha issato alcuna “bandiera bianca” né in campo né fuori: ne è riprova concreta, ad esempio, l’invito ai tifosi in occasione della delicata partita di giovedì pomeriggio, invito che non viene rilanciato e condiviso nell’articolo che analizziamo, noi sì, con grande rispetto per chi scrive e per ogni singola parola. Non abbiamo mai affermato che la colpa della situazione di classifica attuale sia dei giornalisti o addirittura dei nostri tifosi: rispetto alle parole effettivamente pronunciate dal Collaboratore dell’Area Tecnica Fabrizio Ferrigno ed al senso dell’intervento, è una lettura totalmente errata e molto sorprendente. Un simile giudizio da parte nostra sarebbe ingeneroso, sciocco, autolesionista. Abbiamo semplicemente affermato che è urgentissimo proteggere il Catania da certe voci, incontrollate e destabilizzanti. Abbiamo chiarito che non tolleriamo queste voci, ben diverse dalle notizie che sono il frutto di un attento lavoro giornalistico. Abbiamo ribadito che un certo clima non ci aiuta: crediamo di averne il diritto, nell’ambito della propensione al dialogo che ci è stata riconosciuta, a meno che il dialogo non sia un giudizio e di conseguenza noi imputati e non interlocutori. Non crediamo che il rapporto con i tifosi sia oggetto di mediazione esclusiva da parte della stampa: è invece, per noi, un rapporto che deve essere diretto, franco e schietto, tenendo conto di tutte le posizioni. Il nostro obiettivo, sempre dichiarato e ribadito, è meritare strada facendo stima ed apprezzamento, con il lavoro quotidiano: la passione dei tifosi rossazzurri rappresenta un motivo d’orgoglio e responsabilità per chi lavora nel Catania, un valore aggiunto per la società e per la squadra. Quando Fabrizio Ferrigno dichiara che“prendiamo schiaffi da tutti: stampa, tifosi e città” intende chiaramente dire che in questo momento le critiche piovono da tutte le parti. Tra le critiche, occorre avere il coraggio di distinguere: forti e lecite, accorate e “di pancia”, sincere ed opinabili come tutte quelle del calcio oppure, infine, eccessive nella forma e nella sostanza. Non abbiamo mai accettato queste ultime, in particolare quelle basate sulla parola “vergogna”: nessuno dei professionisti all’opera nel Calcio Catania deve vergognarsi di nulla; semmai, deve riflettere sugli errori e scusarsi per gli stessi, concetto ben diverso. Sbagliare non è una vergogna, infatti, e per noi chi lavora nel mondo del calcio ha il preciso dovere di contribuire ad una cultura sportiva differente: è la nostra idea, non pretendiamo che sia condivisa ma la difendiamo con forza, senza attendere il permesso di chi vuole dirci come dobbiamo comportarci con i tifosi, come con la città, come con la stampa. Conosciamo già, infatti, la risposta: dobbiamo comportarci con profondo rispetto per tutti, per i tifosi, per la stampa, per la città ma anche per noi stessi e per il nostro lavoro, cioè per il primo dovere che abbiamo nei confronti del Catania e di Catania. Perdere non significa umiliare la città né umiliarsi: significa perdere, ci fa stare male due volte, perché perdiamo e perché la sconfitta è una sofferenza per tutti quelli che amano il Catania. Noi vogliamo vincere con l’anima, con il cuore, con la testa, con il sudore: ci siamo riusciti appena otto volte, dobbiamo fare di più e non a caso Fabrizio Ferrigno, dirigente ben consapevole delle difficoltà, ha più volte ribadito i demeriti del Catania, in premessa e in conclusione. Abbiamo già rimosso dalla nostra quotidianità di lavoro, però, pietre tombali piazzate dall’articolo come “anticamera della tragedia”, “pieno dell’agonia”, “squadra sostanzialmente ormai sbandata, capace di reagire solo quando è in avanzato stato di decomposizione”, perché noi non siamo questi, la nostra è una squadra di Lega Pro ad un punto dall’obiettivo stagionale, la salvezza. Rispediamo al mittente l’accusa di arroganza. Crediamo che la discontinuità con le stagioni precedenti, al di là delle facili suggestioni, sia evidente ad ogni livello, come testimoniato dai 36 punti raccolti sul campo. Non esiste alcun“vilipendio”, alcuna “umiliazione”, alcuna “deriva inarrestabile, sconcertante e vergognosa”: per noi si definisce crisi di risultati, flessione, difficoltà, somma insopportabile di errori, momento delicato. La “presa di distanza che colloca quel che avanza di questa società da una parte e Catania dall’altra” è quindi una tesi smentita dai fatti. Ogni professionista, con riferimento al passato ed all’ultimo triennio, è logicamente responsabile di quel che realizza o non realizza durante il suo mandato. La scelta del silenzio stampa, in alcune fasi della stagione, è notoriamente strumentale ad un interesse sportivo, cioè quello di non fare in modo che dalle dichiarazioni e dal successivo dibattito derivi l’eventuale dispersione di energie: non è una cosa utile ai giornalisti, ci rendiamo conto e ci dispiace, ma è una scelta funzionale, non una “punizione”. Se e quando sarà opportuno, dirigenti ed allenatore torneranno a parlare. Ci vuol coraggio? Sì, ci vuole proprio coraggio a sostenere che il Catania dia la colpa ai tifosi: sostenere una simile tesi è il frutto di un’errata interpretazione, resa a distanza dal campo. Noi abbiamo (sempre avuto) bisogno dell’apporto dei tifosi. E sempre ne avremo. Rispettiamoci e salviamoci, senza aspettare che “qualcuno o qualcosa ci salvi”come si legge nella malinconica chiusura dell’articolo. Tutti allo stadio, per il Catania e con il Catania.
Con pieno rispetto ed altrettanta fermezza,
Calcio Catania S.p.A.
Da sempre tifoso di questa squadra mi auguro che i n questo delicato momento tutti i tifosi del Catania vadano in massa e numerosi allo stadio per fargli sentire il loro calore. Il Catania si salverà perchè ne ha ampiamente i mezzi. Spero soltanto che la sfortuna immensa che accompagna questa squadra se ne andrà una volta per tutte. E…che gli arbitri non siano stronzi come lo hanno fatto fino adesso.
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