Credevo la partita fosse di sabato stavo quasi rinunciando, di sera con il mal di schiena e poi con la squadra così bassa di tono ero sul punto di rinunciare, invece la notizia che si giocava nel pomeriggio mi ha ringalluzzito e dato la spinta per andare al campo con cambio di curva.
L’umore del pubblico è molliccio vibrante, le ultime vicende del patron hanno dato fiato soprattutto agli sfottò e ai cori della curva, e non solo evidentemente, la squadra è scesa in campo disorientata, senza nemmeno quelle trite certezze del palleggio della retroguardia (si sentiva l’assenza di Carlo Pelagatti). Confusi e stralunati.
Gli avversari, fateci caso, sembrano sempre gli stessi si chiamino Monopoli o Benevento con le rispettive differenze di tasso tecnico, tutte con corsa e reattività a noi superiore. Ne sappiano i motivi, forse bisogna farsi forza con un lapidario “siamo usciti da sotto un camion in estate, con qualche ammaccone e due bozzi in testa”, il Catania è la squadra più particolare all’ombra del suo calpestato blasone.
Mario, vicino a me, solido come roccia sbraita: “Che ci fa quel Plasmati, così Calil non sa che fare, Calderini perchè in panca”, e giù con improperi di tipo sanguigno da trasfusione equina. Eppure Mario si esprimeva così già nei primi minuti, accanto Marco, quasi in lacrime con voce stridula “ma non lo vede (Pancaro, ndr) che quei due registi (Musacci e Agazzi) coprono quasi la stessa zona del campo e invece che sommarsi quasi si annullano?”, abbiamo fatto una colletta per acquistare un drone che possa filmare la squadra dall’alto e documentare le lacune (Sarri docet).
Ad un certo punto anche Di Cecco era entrato nella sindrome del centrocampo assente, di recente studiata all’Università di Norrkoping, l’antidoto che i ricercatori dopo anni di studi e di sudore versato copioso hanno identificato è: ammonizione a Musacci, immediatamente la panchina si desta e qualcosa cambia, Di Cecco torna in sè e Calderini affonda i materani.
Basta con le note del centro intellettuale, voce al cuore: questi ragazzi vanno voluti bene, Calil su tutti che è il nostro capitano, hanno accettato una scommessa a rischio in una situazione davvero critica per il sodalizio e la loro professione sia come carriera che come reddito. Cercano di battersi manca qualcosa e questo ci fa soffrire.
Se urliamo “noi siamo il calcio catania” dobbiamo prenderci la responsabilità di interpretare il nostro ruolo senza se e senza ma. La carenza sembra essere la guida tecnica, incapace di attuare cambiamenti se non con le spalle al muro, ma nonostante ciò accettiamo il mister per le sue qualità umane nella speranza che l’arrivo di nuovi calciatori possa permettergli di esprimere meglio la sua idea di calcio.
Vi prego ritroviamo quella voglia dell’inizio di campionato che a tratti si è rivista per tornare a festeggiare nuovi successi e poter sperare l’anno prossimo di batterci per la risalita.
Forza Catania!