SFERRAZZA (Corte Giustizia Federale): “Illecito e frode sportiva, ampie delucidazioni sul tema”

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Giustizia sportiva

Riportiamo un ampio estratto pubblicato sulla Rivista di Diritto ed Economia dello Sport relativamente ad un tema che riguarda da vicino il Catania

Combine ufficialmente accertate o tentate? Chi avrebbe venduto le partite incriminate? Situazione che verrà chiarita nelle sedi competenti, ma già dalle sole intercettazioni rese pubbliche sembra emergere un quadro poco rassicurante per il Catania. Si resta in attesa che la giustizia sportiva faccia il suo corso, accertando precise responsabilità di tutti i soggetti che figurano tra gli indagati nell’inchiesta ‘I treni del gol’. Per conoscere meglio le tematiche generali che riguardano l’argomento, riportiamo un ampio estratto di quanto pubblicato sulla Rivista di Diritto ed Economia dello Sport a cura dell’avvocato Mauro Sferrazza, componente della Corte di Giustizia Federale:

ILLECITO SPORTIVO ASSOCIATIVO

L’elemento essenziale del reato di cui trattasi è l’accordo associativo il quale crea un vincolo permanente a causa della consapevolezza di ciascun aderente all’associazione di far parte del sodalizio e di partecipare, con contributo causale, alla realizzazione di un duraturo programma criminale. “Sotto un profilo ontologico, è sufficiente un’organizzazione minima perché il reato si perfezioni, e che la ricerca dei tratti organizzativi non è diretta a dimostrare l’esistenza degli elementi costitutivi del reato, ma a provare, attraverso dati sintomatici, l’esistenza di quell’accordo fra tre o più persone diretto a commettere più delitti, accordo in cui il reato associativo di per sé si concreta».

Pertanto, «ai fini della sussistenza della “societas scelerum”, nei termini previsti dall’art. 416 c.p., è sufficiente il semplice coagulo delle volontà accompagnato (per non restare nel campo delle mere intenzioni) da un minimo di struttura organizzativa e volto alla realizzazione di una serie indeterminata di reati, il quale, stante la sua autonomia, rimane perfezionato anche nell’ipotesi che i c.d. reati-fine non vengano realizzati, concretandosi, in diversa ipotesi, un concorso materiale di reati». Ne consegue, quindi, che l’associazione per delinquere sussiste per il solo fatto della esistenza di un permanente vincolo associativo a fini criminosi, indipendentemente dalla effettiva commissione degli illeciti e dalla partecipazione agli stessi di tutti gli associati.

In tal ottica, per dimostrare l’effettiva esistenza di una associazione finalizzata alla commissione di una pluralità di condotte criminose che rivestano rilievo anche nell’ambito disciplinare-sportivo occorre avere riguardo a numerosi elementi, quali: il tempo da cui opera il sodalizio; la stabilità dell’assetto dell’organizzazione; la frequenza e la reiterazione dei contatti e delle telefonate; il carattere allusivamente criptico del linguaggio usato nel corso delle conversazioni; i rapporti di conoscenza, specie se consolidata, tra gli interlocutori; l’affidamento insorto tra gli “associati” sulle informazioni attese o ricevute; l’idoneità o non equivocità dei mezzi diretti allo scopo alterativo delle gare; la ramificazione degli interessi dei sodali nell’ambiente delle scommesse; la consapevole ripartizione dei compiti tra gli stessi.

FRODE SPORTIVA

Il delitto di frode sportiva «si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica la promessa o l’offerta di un vantaggio indebito o la commissione di ogni altra condotta fraudolenta, e non in quello dell’accettazione di tale promessa od offerta». E’, dunque, «sufficiente che l’offerta o la promessa corruttiva vengano portate a conoscenza dei partecipanti. Non è invece richiesto né che l’offerta venga accettata o la promessa accolta, né tantomeno che il risultato della competizione sia in alcun modo alterato: ciò che rileva unicamente è che vi sia stato il pericolo di ledere il bene giuridico tutelato».

ILLECITO SPORTIVO ex art. 7 CGS

L’ordinamento federale considera illecito sportivo «il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo». Le conseguenti sanzioni sono aggravate «in caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito», mentre «le società e i soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5, che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1 ne sono responsabili».

Com’è evidente, l’oggetto della tutela è, in generale, rappresentato dal leale e corretto svolgimento delle competizioni sportive: si tenta di impedire che condotte fraudolenti alterino il predetto bene giuridico. In particolare, invece, la disposizione prevede «tre ipotesi di illecito consistenti: a) nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara; b) nel compimento di atti diretti ad alterare il risultato di una gara; c) nel compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica. Tali ipotesi sono distinte, sia perché così sono prospettate nella norma, sia perché è concettualmente ammissibile l’assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall’alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara. Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo, è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti, che, a prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre».

Le condotte finalizzate all’alterazione dello svolgimento e/o del risultato delle gare sono considerate illecito anche nel caso di mancato conseguimento del risultato “combinato”. La frode sportiva, dunque, è illecito di attentato che «prescinde dal realizzarsi dell’evento cui l’atto è preordinato». In altri termini, l’ipotesi delineata dall’art. 7 CGS configura un illecito in ordine al quale non è necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano state poste in essere attività dirette allo scopo.

Ciò non toglie che l’illecito, «come ogni altra azione umana contemplata da un precetto, per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttivo di effetti disciplinari, deve avere superato sia la fase della ideazione che quella così detta ‘preparatoria’ ed essersi tradotto in qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato». Perché possa configurarsi un illecito sportivo, cioè, occorre che lo stesso sia provato oltre ogni dubbio.

Laddove non possa dirsi sussistere la prova del concorso di un determinato soggetto nella commissione dell’illecito sportivo o il medesimo illecito sportivo non risulti dimostrato, la condotta del tesserato potrebbe comunque rivestire rilievo ai sensi e per gli effetti della norma di cui all’art. 1 CGS, secondo cui «le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva». Non vi è dubbio, infatti, che intrattenere una fitta rete di contatti, telefonici e non, nella prospettiva dell’alterazione dello svolgimento e/o del risultato di una gara costituisce, quantomeno, sicuramente la violazione, di rilevanza non marginale, dei fondamentali principi di lealtà, probità e correttezza.

Se viene accertata la responsabilità diretta della società, il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui alle lettere h), i), l) dell’art. 18, comma 1, salva l’applicazione di una maggiore sanzione in caso di insufficiente afflittività. Se, invece, viene accertata la responsabilità oggettiva43 o presunta della società44 il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui alle lettere g), h), i), l), m) dell’art. 18, comma 1, CGS.

Recita l’art. 18, comma 1, CGS, intestato «sanzioni a carico delle società»: «Le società che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali e di ogni altra disposizione loro applicabile sono punibili con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi:

  1. a) ammonizione;
    b) ammenda;
    c) ammenda con diffida;
    d) obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse;
    e) obbligo di disputare una o più gare con uno o più settori privi di spettatori;
    f) squalifica del campo per una o più giornate di gara o a tempo determinato, fino a due anni;
    g) penalizzazione di uno o più punti in classifica; la penalizzazione sul punteggio, che si appalesi inefficace nella stagione sportiva in corso, può essere fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva seguente;
    h) retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria; in base al principio della afflittività della sanzione, la retrocessione all’ultimo posto comporta sempre il passaggio alla categoria inferiore;
    i) esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio federale ad uno dei campionati di categoria inferiore.

Diversa e distinta fattispecie è quella di cui all’art. 7, comma 7, CGS che prevede il c.d. obbligo di denunzia e così dispone: «I soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5, che comunque abbiano avuto rapporti con società o persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura federale della FIGC».

In altri termini, se alcuno dei soggetti di cui al già ricordato art. 1, commi 1 e 5, CGS46 non ha posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, ma sia a conoscenza («in qualunque modo») che altri, siano essi società o tesserati, abbiano adottato o stiano per adottare comportamenti volti allo scopo predetto ha l’obbligo di denunziare i fatti alla Procura federale e, in difetto, rimane soggetto alla suddetta sanzione, seppur non risponde dell’illecito sportivo a titolo principale.